Ambasciatori Paralimpici: Elisabetta Mijno
Ambasciatori Paralimpici: Elisabetta Mijno
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Elisabetta Mijno - Para Archery
Arciera, campionessa paralimpica, chirurgo ortopedico, ambasciatrice dello sport paralimpico: Elisabetta Mijno è una delle atlete più talentuose nel panorama sportivo italiano.
Nata a Moncalieri, in provincia di Torino, il 10 gennaio del 1986, ha iniziato a tirare all'età di undici anni e da lì in poi la sua carriera è stata costellata di risultati straordinari, su tutti le due medaglie ottenute sul palcoscenico più importante nella vita di uno sportivo: la Paralimpiade. Ai Giochi di Londra del 2012 ha vinto l'argento nel ricurvo individuale W1/W2, quattro anni più tardi, alle Paralimpiadi di Rio, ha conquistato il terzo gradino del podio nella squadra mista open di ricurvo in coppia con Roberto Airoldi.
Ha ottenuto ben sei medaglie iridate, tra queste spicca l'oro a squadre ne 2017, e tre ori europei.
Nel 2014 ha conseguito la Laurea in Medicina. Dopo aver svolto tirocinio presso l'Ospedale di Parma, oggi pratica la professione di chirurgo ortopedico al CTO di Torino.
Clip Ambasciatori - Elisabetta Mijno
L'intervista
Cosa significa, per te, far parte del gruppo degli Ambasciatori dello sport paralimpico?
“Mi ha fatto molto piacere ricevere la richiesta di entrare a far parte di questo team, perché arrivo da una precedente scuola di paralimpismo Da dieci anni a questa parte, da quando, cioè, ho iniziato a gareggiare, le cose sono cambiate tanto. All'epoca non c'era tutta l'attenzione mediatica che c'è oggi”.
Risale al 2011, infatti, l'esordio di Elisabetta con la disciplina del tiro con l'arco paralimpico.
“Quando parlo di vecchia scuola penso anche al fatto che lo sport e l'agonismo erano semplicemente la manifestazione portata ad alti livelli di quello che facevi a casa, era portare ciò per cui ti allenavi su un campo di gara. Sport praticato da atleti paralimpici o no cambia poco, era il valore dell'agonismo che solo chi ha praticato a certi livelli può capire”.
Come pensi debba essere il tuo ruolo di Ambasciatrice?
“Essere Ambasciatrice è una responsabilità, perché significa far conoscere lo sport e i suoi valori ma è questo il nostro compito: far vedere cos'è veramente lo sport, farlo diventare qualcosa in più e farlo crescere, rifiutando, allo stesso tempo, personalismi e individualismi”.
Hai parlato di vecchia scuola. Quali pensi siano i fattori che hanno determinato il cambiamento?
“La grossa responsabilità, in questo cambiamento, non l'abbiamo avuta solo noi atleti ma anche e soprattutto il mondo dei media, che in questi anni ha permesso di far vedere il nostro sport e di farlo diventare qualcosa di più. Di strada ce n'è ancora tanta da fare, ma mi piacerebbe che si andasse avanti per mostrare ciò che veramente lo sport è. A volte, infatti, si pensa allo sport solo come mezzo economico ma le lotte non vanno fatte per i soldi, bensì per quello che c'è a monte. L'aspirazione dovrebbe essere quella di voler diventare atleta professionista per quello che significa, per ottenere un riconoscimento che vada oltre l'aspetto pecuniario”.
“Come ti vedi nella veste di comunicatrice?
“Andare in giro, raccontare la mia storia, confrontarmi non è qualcosa che mi crea problemi. Sono convinta che tutte le vite siano interessanti e interessante è ascoltare gli atleti e cosa vivono oltre all'esperienza sportiva in sé, cosa pensano del loro futuro sportivo e non. Questo mi interessa. La differenza tra la mia vita e quella di altre persone è che io ho avuto l'occasione di vincere qualcosa a livello agonistico. Penso che vincere significhi ricevere un regalo, perché ci sono tanti che si impegnano ma alla fine non riescono a ottenere i risultati sperati. La differenza la fa qualcosa di infinitesimale e tra bravi c'è chi ha la fortuna di vincere”.
Elisabetta, come tutti gli atleti olimpici e paralimpici, si è trovata ad affrontare una situazione mai vissuta prima. Stop di tutte le attività agonistiche, degli allenamenti, dei raduni, dei campionati nazionali e internazionali e, soprattutto, del principale appuntamento del quadriennio, i Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, rimandato di un anno.
“In questo periodo difficile sto preparando la capacità di andare avanti. Ci si allena a fatica, con ritmi diversi rispetto a prima, perché sai di non avere davanti a te la gara importante. Quest'anno sono arrivati due record del mondo, l'ultimo quindici giorni fa, a conferma che questo era l'anno giusto per me. Ma va bene, è andata così. Negli ultimi dodici anni ho appreso la capacità di concentrarmi, negli ultimi mesi quella di riuscire ad allenarmi”.