Ci sono storie sportive che raccontano di talenti fuori del comune, di atlete e atleti che, nonostante la giovanissima età, sono in grado di assumersi grandi responsabilità. Perché se è vero che campioni si diventa, predestinati si nasce.
La ventiseienne Giada Rossi, friulana di Zoppola, già da tempo è una delle atlete di punta di una nazionale, quella di tennistavolo paralimpico della Fitet, sulla quale sono riposte molte speranze di medaglia in vista dei prossimi appuntamenti agonistici, su tutti i Giochi Paralimpici Estivi di Tokyo 2021. Una nazionale che in questi anni ha lavorato con grande professionalità per riuscire a creare quel giusto equilibrio tra giovani leve e atleti di grande esperienza.
Responsabilità, dicevamo, qualcosa che non spaventa l'azzurra, consapevole che i campioni, quelli veri, si misurano sui grandi appuntamenti. Medaglia di bronzo quattro anni fa a Rio 2016, Giada oggi occupa i vertici della ranking mondiale tanto da essere stata eletta - era il dicembre del 2019 - migliore atleta paralimpica femminile agli ITTF Star Awards di Zhengzhou, dimostrando che si può essere veterani anche se l'anagrafe non lo conferma.
Responsabilità che Giada è determinata ad assumersi non solo sui campi di gara ma anche nella veste di Ambasciatrice dello Sport Paralimpico, ruolo che ricopre dal 2017.
Un privilegio, sottolinea la pongista italiana, che nasce dal fatto che “E' bello condividere le proprie esperienze, essere di ispirazione per gli altri e aiutarli a crescere, in un dare e ricevere che è sempre fonte di arricchimento personale”.
Essere Ambasciatrice, spiega, ti dà l'opportunità di incontrare molta gente, in un confronto che è sempre costruttivo: “Non mi pongo, però, come quella che vuole dare insegnamenti o che ha ricette di vita per tutto, porto semplicemente la mia esperienza”.
Lei, giovanissima, si rivolge ai giovani e a meno giovani: “E' importante confrontarsi con i ragazzi, sempre molto curiosi; gli studenti delle scuole elementari, poi, sono interessati agli aspetti pratici: vogliono sapere come faccio a salire in macchina, come riesco a stare da sola a casa o spostarmi attorno a un tavolo da gioco. Nella loro visione del mondo ci sono sempre soluzioni molto creative, ma sono anche i più spensierati e quelli che ti vedono come un'atleta, senza notare differenze tra uno sportivo paralimpico e uno cosiddetto normodotato”.
Sport come strumento per lanciare messaggi che travalichino l'ambito prettamente agonistico: “Nonostante la mia giornata sia incentrata sullo sport, perché lo pratico in maniera professionale e perché vivo al centro federale, mi preme anche portare la mia esperienza di donna, a partire dal mio incidente”.
L'incidente di cui parla Giada risale al 2008, quando a causa di un tuffo nella piscina di casa dei genitori si procurò la frattura della sesta vertebra cervicale. Nessun impatto con il bordo della piscina, fu solo quello con l'acqua a essere fatale. A distanza di dodici anni, la pongista friulana prepara la sua seconda Paralimpiade: “Se i Giochi si fossero disputati quest'anno saremmo arrivati preparati al 100% ma ormai è passato un anno dall'ultima gara”.
Il problema di Giada e di tutti gli atleti durante il lockdown è stato non aver potuto svolgere una adeguata preparazione in vista di un appuntamento tanto importante come una Paralimpiade: “Da questo punto di vista, ho tirato un sospiro di sollievo quando ho saputo che i Giochi sarebbero stati posticipati. Ora, però, è necessario trasformare questo rinvio in una opportunità per lavorare un altro anno, inventarsi nuovi colpi, prepararsi ancora meglio dal punto di vista tecnico. La speranza in questo momento - prosegue Giada - è che il prossimo anno tutto venga confermato, perché la cancellazione dei Giochi sarebbe un trauma grosso e un boccone troppo amaro da mandar giù”.
Giada ce la metterà tutta per arrivare all'appuntamento in condizioni ottime. Una cosa è certa: sa già di potersi giocare la carta anagrafica. “E' vero che dovrò aspettare un altro anno ma fortunatamente l'età è dalla mia parte”.