Un lungo viaggio l'ha portata fino a qui, in Italia, quando aveva 14 anni e come la sua famiglia era in cerca di futuro. A Torino il papà, il primo a muoversi dalla Romania, aveva fissato la sua destinazione e trovato un lavoro. Così Andreea e la mamma fanno i bagagli e lasciano Vaslui, al confine orientale della Moldavia.
Parte come molte avventure, con un viaggio per cambiare vita, la storia affascinante di Andreea Mogos, azzurra della scherma in carrozzina, collezionista seriale di medaglie di fioretto e sciabola, soprattutto a squadra, che tutto immaginava, pigra come si è sempre definita, fuorché scrivere pagine esaltanti di stoccate vincenti sulle pedane di mezzo mondo.
Ed è sempre un viaggio, ironia del destino, a cambiarle per sempre la vita. A diciotto anni, durante il rientro a casa dalla Romania in auto, una volta come tante altre: “Eravamo sul territorio austriaco, quando mio zio alla guida dell'auto fa un incidente. Eravamo in cinque, tutti illesi tranne me. Ricordo solo che mi sono risvegliata in ospedale, sentivo confusamente che l'infermiera parlava tedesco, ero sola nel letto, dopo l'operazione. Avvertivo una sete pazzesca. Allora vedo un bicchiere d'acqua sul tavolo vicino al letto. Provo a scendere per andare a bere, ma resto bloccata”.
“Quei giorni sono stati un incubo, lontano dai miei cari, lontano da casa”, con questa verità da digerire. “Il medico è stato bravo, il giorno dopo mi ha preso sotto le sue ali. Sperava anche lui che potessi riprendere a camminare, del resto a poche ore dall'intervento era presto per fare una diagnosi definitiva. Ho passato giorni a pensare che stessi sognando. Mesi, anzi”.
Poi la luce si riaccende anche per lei. La scelta delle pedane e di una nuova vita da atleta, però, è arrivata piano piano e la passione è montata poco a poco. “Ho provato diversi sport, tornata a casa: basket e tennis in carrozzina, ma anche tennistavolo e canoa. Diciamo che la scherma non è stato amore a prima vista, io amavo giocare a tennis. Un giorno la mia fisioterapista mi propone di andare a vedere la Nazionale che stava disputando gli Europei a Varsavia, in quella occasione cercavano anche nuovi schermitori. Lì ho conosciuto tutti i ragazzi e il Maestro Andrea Pontillo. Ci siamo scambiati il numero di telefono e tornata a Torino, a forza di insistere perché provassi a tirare di scherma, mi ha convinta.
Ne è passato di tempo da quando, ragazzina, non voleva saperne di tute, sudore e fatica: a scuola il professore di educazione fisica la implorava di giocare a basket. Ora ogni incontro di scherma le costa scariche di adrenalina, la maschera a fine gara è zuppa, il viso stravolto dalla tensione e dai colpi di una vera battaglia. “Effettivamente sì, rispetto al tennis è tutto un altro sport. Là i tempi lunghi del doppio rimbalzo della pallina, qua reazioni fulminee, intuito. Devi essere astuta, indovinare le mosse e prevenire l'avversaria”.
Andreea ci ha messo del suo, con naturale grazia, voglia di fare in allenamento e intelligenza tattica in pedana. Oggi, portacolori delle Fiamme Oro, la sua zampata da leonessa graffia e lascia il segno. “Fioretto o sciabola? Sono armi molto diverse. La prima consente di ragionare, la seconda è più aggressiva e veloce, gli incontri sono brevissimi. Poi ci sono avversari diversi: nel fioretto le cinesi, rapidissime, giovanissime, nella sciabola forse le ucraine sono le atlete più toste”. Dal 2013, anno del debutto internazionale, un seguito da incorniciare, fino a pochi giorni fa: Mogos sale sul podio per ricevere l'ennesima medaglia, il bronzo individuale nel fioretto alla Coppa del Mondo di Amsterdam.
Prima, agli ultimi Mondiali di Cheongju, in Corea, si è messa al collo il bronzo nel fioretto a squadra, ai penultimi di Roma 2017 l'oro a squadra nella stessa specialità e l'argento nella sciabola a squadra, alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016 il bronzo ancora nel fioretto a squadra. “La squadra cosa rappresenta, per me? Siamo una forza (insieme a Beatrice Vio e Loredana Trigilia nel fioretto, insieme anche a Marta Nocent e Rossana Pasquino nella sciabola). Insieme in gara, insieme nella vita, viaggiamo tanto insieme, ci si diverte. Soprattutto, ci compensiamo e completiamo, con i nostri venti, trenta e quarant'anni”.
“Ho realizzato grandi sogni, con la scherma: andare ai Giochi di Rio non capita tutti i giorni. I prossimi saranno a Tokyo e non sembra ma sono ormai proprio vicini. Ho superato tante sfide con me stessa”. L'ultima è extra curriculare, come posare senza veli per Oliviero Toscani. Andreea è uno dei dodici volti di atleti paralimpici immortalati nella mostra Naked. “Ero spaventata all'inizio, timida e riservata come sono. Ma l'ho preso come un altro limite da superare. Farci vedere come siamo per cancellare tanti pregiudizi, questa la spinta grande per tutti noi che abbiamo una disabilità, ma è stato anche per me. Io sono una che accetta le sfide, mi piace uscire dalla zona di confort”. Pigra, la Mogos?
Foto: A. Bizzi