Goalball. Daniel Runco: il mondo in bianco e nero, ma la vita a colori

Goalball. Daniel Runco: il mondo in bianco e nero, ma la vita a colori

Goalball. Daniel Runco: il mondo in bianco e nero, ma la vita a colori

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La musica reggaeton su Spotify per ricaricarsi, la curiosità per l'informatica e le serie avvincenti su Netflix, il ballo hip hop e la salsa, la matematica come materia preferita a scuola, il calcetto come talento, il goalball per rimpiazzare un giocatore, ora diventato la sua maglia azzurra. Tempo di annoiarsi, in questa vita dai mille colori, Daniel Runco non ne ha. Colori che però lui non percepisce, per colpa di un gene sbagliato. E allora sono la stessa cosa una macchina gialla e una rossa, una pennarello blu e uno verde, una foto di oggi e di settant'anni fa. In più, preferisce la penombra ai raggi accecanti del sole. Acromatopsia, si chiama il suo difetto retinico, ereditario. Nel suo caso, poi, comporta anche una forte fotofobia. Che d'estate si fa quasi insopportabile.

“Vedo in bianco e nero, con qualche sfumatura di grigio, e la luce mi dà fastidio per cui utilizzo questi occhiali a lenti rosse, che la filtrano, permettendomi di non sbattere continuamente le ciglia”, racconta Daniel, giocatore azzurro di goalball. Nato in Colombia 15 anni fa, e giunto in Italia a Cavernago (BG) all'età di 8 anni, adottato, è cresciuto alla maniera antica, a suon di regole, rispetto altrui e buonissima educazione, praticamente un alieno, rispetto a molti coetanei.

E' bravo in matematica e scienze, ama la logica, anche se “al primo quadrimestre ero sotto la sufficienza in sette materie e ho dovuto fare i miracoli per la promozione”. Allo studio ha sempre intrecciato lo sport, curioso e versatile come è: “Da piccolino nuotavo, all'inizio mi piaceva tantissimo, ero quasi sulla soglia della nazionale paralimpica, poi due anni fa realizzo che non fa per me. In realtà detestavo il fatto di mangiare poco per dovermi allenare, il sabato dopo scuola”.

Daniel è partito per i Giochi Europei Giovanili, con la Nazionale di goalball, senza avere sulle gambe, sulle braccia e nelle orecchie più di due allenamenti in tutto e un minutaggio irrisorio nelle uniche tre partite fatte prima, in vita sua. “E' successo che mancava un giocatore in squadra – racconta-, così Dario Merelli, uno degli azzurri che è anche Presidente della mia società sportiva, Omero Bergamo, ha pensato a me, perché sono sempre stato vivace e ho talento per lo sport. Con loro gioco a calcetto, poi mi piace molto correre, ma l'atletica la faccio con i normodotati”.

Si lancia a terra bendato, si inginocchia per ricevere, si distende per parare i colpi avversari ed evitare che vadano in porta “la cosa che più mi diverte di questa disciplina è quando mi prendono a pallonate, in realtà”, scherza. Giocano a goalball sia ipovedenti che non vedenti, che in campo sono tutti bendati, alla pari. La palla ha dei sonagli all'interno, ecco perché è richiesto agli spettatori silenzio assoluto in campo: i giocatori avvertono i movimenti della sfera dal suo rumore. Atmosfere insolite quelle che si respirano in campo, tra lanci, tonfi del pallone, giravolte, tuffi, fischi dell'arbitro e la sola voce, più spesso le urla di sprone, del tecnico nazionale Francesco Gaddari.

“Del goalball mi piace la velocità del gioco e che si possono cambiare le sorti di una partita in pochi minuti. Dico sempre che se arriva da parte avversaria l'11° o 12° goal allora rimontare è impossibile, ma fino al 10-0, se hai sette minuti di gioco, puoi rovesciare la partita”. Gli schemi li detta il Tecnico, ci dice sempre di non stare tutti e tre sulla stessa riga, per avere più possibilità di deviare il goal. Christian (Belotti) fa il centrale e ci dà l'indicazione di dove arriva la palla. Se da sinistra, bisogna fare barriera a sinistra. Qualche piccola escoriazione ci scappa, essendo uno sport rapido in cui si scivola sul campo di gomma”.

La parte complicata, è “l'orientamento in campo, devo ancora capire bene dove mi trovo. C'è a terra una linea di riferimento per i giocatori laterali. L'allenatore mi riprende soprattutto per questa ragione e perché devo dialogare di più con gli altri”.

Taciturno solo quando è a disagio, Daniel Runco per carattere è estroverso e ama scherzare. Ma anche conoscere, sperimentare e apprendere dal web tutto quello che non sa.

“L'informatica e la tecnologia sono le mie passioni, mi piace ‘smanettare' sul cellulare, conoscere i programmi e l'uso delle varie applicazioni, ho acquistato il mio primo pc quando ero in 4^ elementare, mi serviva per prendere appunti durante la lezione a scuola, per non affaticare la vista, scrivendo e contemporaneamente guardando la lavagna. Uso le dieci dita e scrivo ormai senza guardare più la tastiera”.

Orecchio finissimo ed esigente, con la musica Daniel si riavvicina alle sue origini: “Mi aiuta a isolarmi e mi dà allegria. Nei ritmi latino-cubani c'è tanta Colombia, ma c'è anche il Brasile e Cuba. Sento la musica a volume alto, costringo tutti a casa a sentirla. Dicono che è tutta uguale, ma come fanno a non distinguerla…”.

Questione di sfumature, come quelle dei colori non vede, ma anche lui resta senza fiato di fronte alla luce infuocata di un'alba. L'ultima è immortalata sul suo profilo whatsapp: “L'ho vista una mattina presto, ero con mia madre in macchina, diretto a scuola. Mi ha aiutato lei, l'ho inquadrata con il cellulare e ho scattato”. Solo così, catturata in una foto, quella luce può guardarla quanto vuole. Meraviglie della tecnologia.

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