Francesco Cavallotto, attaccante azzurro che segna goal senza vederli
Francesco Cavallotto, attaccante azzurro che segna goal senza vederli
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Un goal al Belgio, quello decisivo del pareggio, a cinque minuti dal termine e su calcio di rigore, alla Romania. Agli Europei di calcio a 5 non vedenti di Roma, appena conclusi, l'attaccante azzurro Francesco Cavallotto non ha fatto il timido.
Nel silenzio assoluto, mani aperte, dita spiegate per misurare lo spazio, in campo ci si muove chiamando la strada e indicando la propria posizione con ‘voy', in spagnolo, in omaggio a dove questo sport per non vedenti è nato. E la palla è sonora, dei sonagli al suo interno la localizzano mentre rotola. Tutti in campo sono bendati, il portiere è l'unico giocatore vedente e le partite sono campi di battaglia senza esclusione di colpi, inondate di sudore e dove infortunarsi è cosa facile e frequente.
Jacopo Lilli, il capitano, Paul Lyobo, Sebastiano Gravina e compagni hanno difeso l'onore di un'Italia che intanto ha migliorato la posizione degli ultimi due Europei, piazzandosi 6^, anche se a Tokyo non si è qualificata, e che sta crescendo di carattere, insieme alle qualità tecniche, grazie a ragazzi già assai maturi a dispetto dell'età, come come Francesco Cavallotto.
“Ho diciotto anni - si presenta Francesco, ruolo attaccante e maglia numero 10- e divido il mio tempo tra il calcio nel Crema 1908, squadra professionistica - che dal 2016 ha aperto la sezione non vedenti - e lo studio, anche se sono appena finite (con il massimo dei voti) le superiori. Tra pochi giorni mi aspetta l'inizio dell'Università a Milano, studierò biotecnologie, qualcosa di scientifico, come le materie che ho sempre preferito: matematica, fisica, scienze. A tempo perso, amo ascoltare la musica, mi divido tra rock e rap, due mondi diversi e molto distanti da me che però mi stimolano e piacciono allo stesso modo”.
Vita normale di un adolescente, tifoso dell'Inter, che si ispira a Sneijder dal punto di vista tecnico e a Zanetti come uomo, oltre che sportivo.
E che un glaucoma ha reso cieco all'età di 6 anni.
Spegnendo la luce e nient'altro, per fortuna, perché Francesco è sempre stato un ragazzo vorace di vita, irrequieto nel passare da uno sport per non vedenti all'altro: “Già a 6 anni, quando ho perso la vista, avevo chiesto se potevo giocare a calcio, mi risposero che fino a 12 anni non era possibile, così mi sono dirottato su altri sport come aikido, atletica, canottaggio. Ma il pallino del pallone c'era sempre. Così, arrivato all'età minima, mi sono rifatto sotto. Ho cambiato diverse maglie, prima il Liguria Calcio, poi nel 2016 a 15 anni mi prende il Crema, ma il primo campionato italiano l'ho fatto nelle fila delle Marche”.
Dove è passato, ha lasciato il segno: l'anno scorso ha vinto il Campionato Italiano e la Coppa Italia, tra poco sotto con la Supercoppa, a ottobre contro il Lecce, per fare il tris e mantenere la leadership. Poi riprenderà il Campionato. “E' difficile far crescere il movimento, soprattutto è dura convincere i genitori a lasciar uscire di casa i bambini e ragazzi non vedenti, non proteggerli oltre il necessario. Che facciano calcio, o comunque sport in generale, perché è bellissimo”.
Il capolavoro di un gruppo, è una bella partita, mai di un singolo, “Io del calcio amo soprattutto l'idea di squadra. Si vince o perde tutti insieme, non do alcun particolare contributo al gioco, con i miei goal, il gioco si fa in 5, realizzando gli schemi giusti, anche mandando a segno gli altri. E poi c'è lo spogliatoio, dove si parla per buttare giù la tensione prima di una gara importante, prima di inserire le cuffie e alzare il volume della musica. E dove si condividono e consumano i silenzi di rabbia e delusione dopo una brutta sconfitta. Si discute, sì, ma non ci si accusa mai, siamo una squadra”.
Prima del fischio di inizio? “Non sono né rilassato né stressato. Anche a Roma, era il mio secondo Europeo, certo potevamo fare ancora meglio se non fossimo rimasti senza due pedine importanti, infortunate, dalla seconda partita in poi. Magari potevamo evitare le goleade con la Spagna o la Russia, ma oggettivamente la qualificazione a Tokyo, che andava alle due finaliste, non era alla nostra portata. Quindi ritengo che la classifica sia sincera, siamo dove era prevedibile che fossimo”.
A livello di club, invece, la gratitudine non sarà mai abbastanza: “è importantissimo, per crescere e migliorare, far parte di una squadra strutturata, professionistica. Che si occupa dei materiali, garantisce sempre un campo di allenamento, organizza le trasferte. Per non dire della visibilità che si riceve. Nel mio caso, il Crema Calcio mi hanno dato anche fiducia, nominandomi vice capitano nonostante la giovane età. Tutto questo non ha prezzo per un giocatore”. Per uno non vedente, a maggior ragione.
Foto Simone Forzan