Il prossimo 3 settembre uscirà nelle librerie italiane la biografia di Marco Dolfin, l'atleta tesserato per la BLM Briantea 84, medaglia di bronzo europea nel 2016 a Funchal e che nello stesso anno del primo podio europeo ha preso parte alla spedizione italiana alle Paralimpiadi di Rio.
«Non lo vedo come un accanimento del destino. Si tratta di un qualcosa che è successo e che mi ha cambiato l'esistenza, ma che non posso modificare in nessun modo.Posso soltanto trovare la miglior soluzione per adattarmi».
La vita di Marco Dolfin cambia radicalmente la mattina dell'11 ottobre 2011, mentre stava recandosi in ospedale, a Torino, per aiutare un collega. L'allora trentenne medico, specializzatosi in Ortopedia pochi mesi prima, si trova di colpo dalla parte del paziente, poiché è vittima di un incidente in moto che gli causa una paraplegia. Da quel momento, Marco conosce una nuova compagna di viaggio inseparabile, la sedia a rotelle. Per lui però, quell'episodio è solo un incidente di percorso, un qualcosa che lo obbliga a effettuare diversi accorgimenti, ma non un ostacolo insormontabile. Nella sua testa, il nostro "Avenger" sa che la sua vita ha ancora tanto da offrirgli, in diversi ambiti. Da sempre grande appassionato di sport, Marco non si arrende e si tuffa nel nuoto paralimpico, ottenendo ottimi risultati nei 100 rana SB5: bronzo ai Campionati Europei di Funchal 2016, finalista e poi quarto alla Paralimpiade di Rio 2016, argento ai Campionati Europei di Dublino 2018.
Anche la famiglia sarà uno dei capisaldi nella rinascita di Marco, che nel 2014 diventerà papà di Mattia e Lorenzo, gemelli scatenati che saranno anche i suoi primi tifosi nella nuova avventura di papà nello sport. Oltre a macinare chilometri tra le corsie acquatiche, Marco è abituato ad altre corsie, quelle d'ospedale e non ha nessuna intenzione di ridimensionare la sua professione di chirurgo.
Lui che non può più camminare, vuole aggiustare le gambe degli altri.
Superato lo sguardo di diffidenza dei primi pazienti, torna a fare ciò che ama di più, grazie a una carrozzina verticalizzabile che lo mantiene in posizione eretta e gli permette di svolgere anche interventi complessi come gli impianti di protesi di anca e ginocchio o di traumatologia.
A raccontare la storia di Marco Dolfin è il fratello Alberto, giornalista sportivo che quel campione lo segue in giro per il mondo; come cronista, certo, ma prima di tutto come tifoso.