La favola di Giulia Capocci, di scena agli Australian Open di tennis in carrozzina

La favola di Giulia Capocci, di scena agli Australian Open di tennis in carrozzina

La favola di Giulia Capocci, di scena agli Australian Open di tennis in carro...

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In alto come lei, in maglia azzurra e sulla carrozzina da tennis, nessuna era mai arrivata prima. Si chiama Giulia Capocci l'astro nascente del tennis paralimpico, montevarchina classe 92, schietta e diretta da brava toscana, che adora le sfide, l'odore delle palline, il suono dell'impatto sulle corde. Puro concentrato di energia, in sole tre stagioni di attività agonistica internazionale, ha scalato la ranking mondiale, piazzandosi di diritto al 5° posto.

Una favola che ha tante tappe e all'inizio piccoli sogni, cresciuti anch'essi insieme ai successi: quello di continuare a giocare a tennis, lo sport del cuore, anche su una carrozzina, dopo l'algodistrofia che le ha tolto l'uso della gamba destra, quello di scalare prima la classifica nazionale e poi quella internazionale, punteggiando la carriera di successi. Tappe fatte di decine di voli aerei, incordature perfette della racchetta, messe a punto maniacali della carrozzina. Fatte di Tornei Future, ITF 3-2-1, Super Series e Master in mezzo mondo, sorteggi e scongiuri, cifre postate con orgoglio sul suo profilo instagram, un countdown esaltante di ‘#newbestranking': 17^, poi 9^, 8^, 6^ e oggi 5^ giocatrice al mondo.

“Devo dire che da quando gareggio a livello internazionale, non ho avuto battute d'arresto, è stato sempre un crescendo – dice -. Passando da picchi esagerati a risultati magari meno buoni e qualche momento di stanchezza, ma non ho mai avuto momenti critici di stallo. Gli allenamenti? Tutti i giorni, per forza”. I risultati arrivano e gli sponsor la inseguono.

Ora su tetto del mondo, alla vigilia del suo primo Slam, gli Australian Open (Melbourne, 23-26 gennaio), a chiunque tremerebbe anche solo la voce, a lei no: “Non sento una pressione particolare, per me è il primo torneo a tabellone così ristretto, sarà una situazione del tutto nuova, non so cosa aspettarmi e come reagirò. Semmai è più difficile riconfermarsi”.

I migliori match, comunque, li ha disputati contro persone che non conosceva, segno che le incognite non la spaventano. “Conosco le mie avversarie a Melbourne, erano anche al Master di Orlando - dove per Giulia è arrivato il 3° posto-. Se mi aspetto qualcosa dal sorteggio? Intanto evitare la 1^ (Diede De Groot) e la 2^ del mondo ° (Yui Kamiji) sarebbe già un bel colpo -scherza-. Ma sarà dura in ogni caso, contro qualsiasi avversaria, a questo livello. E in campo giocherà anche un altro fattore, quella tipica atmosfera particolare, elettrizzante da Slam, e là molto farà il mio mental coach”.

Giulia non ha timori reverenziali ma un'ambizione smisurata sì, anche se lei ama definirsi semplicemente “una giocatrice aggressiva, nel senso buono e giusto del termine, per convinzione e sicurezza di sé, una giocatrice d'attacco e istintiva”.

Si potrebbe intimidire giusto di fronte a Serena Williams, il suo idolo: “Adoro Serena, non solo per la sua forza esplosiva come giocatrice, ma come donna per il suo carattere e la personalità: deve essere molto difficile tornare a livelli stratosferici, come ha fatto lei, subito dopo una maternità”.

Giulia studia da Serena il segreto dell'imbattibilità e intanto assesta dritti, che sono il suo “colpo comodo, anche se non è matematico, ovviamente dipende dalla situazione del gioco – dice-” e si batte il pugno sul petto a ogni punto segnato, “è uno dei miei tantissimi gesti scaramantici, ma è quello più mio e riconosciuto”. L'occhio è già al Roland Garros di giugno, “dove non è sicuro che parteciperò, però, dipende dalla posizione di ranking”, poi i Giochi di Tokyo 2020. Ci arriverà così: un passo alla volta e un colpetto sul petto, la firma d'autore su ogni capolavoro.

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