Partito il conto alla rovescia, manca poco meno di una settimana ai Mondiali di paraciclismo su pista di Apeldoorn (NED) e tra gli azzurri al via spicca Michele Pittacolo, l'anno scorso iridato sulle strade di casa, a Maniago (PN).
E' da poco tornato dalla Vuelta argentina “sono stato invitato dal comitato organizzatore, unico paralimpico tra ciclisti normodotati, ho conosciuto le migliori squadre professionistiche del mondo, è stato un onore partecipare e una bellissima esperienza di vita”, racconta Michele. La giusta carica per partecipare ai prossimi Campionati del Mondo su pista di paraciclismo, insieme ai compagni Andrea Tarlao, Fabio Anobile ed Eleonora Mele.
Ciclista dal 1983, poi un grave incidente in allenamento nel 2007 e il calvario di settimane in terapia intensiva. Un evento che stravolge tutto, tranne i piani sulle due ruote. La nuova storia comincia nel 2009, è successo tutto a luglio e da lì in poi, una vita nuova tutta da scrivere.
Prima ha chiuso la pompa di benzina che gestiva con il suocero, “tanto guadagnano solo i petrolieri – dice Michele-, i gestori quasi nulla”, poi viene classificato al CIP come atleta disabile: C4 è la sua categoria e pochissimi giorni dopo già vince due titoli italiani paralimpici. Nato a Latisana (UD), niente grappa e polenta, ma pastasciutta e mozzarella tra le sue tentazioni a tavola, passa più tempo sulle due ruote che a piedi. Era in bici pure quando una macchina, lungo la strada, non s'è accorta di lui e l'ha investito. Non indossava il casco e il danno più grave l'ha riportato proprio alla testa: “Me l'hanno ricostruita – racconta -, come una parte del braccio destro. Tecnicamente ho riportato trauma cranico con ematoma epidurale”. Si risveglia da cinque anestesie totali, interventi chirurgici complicatissimi, che ricuciono testa, braccio e mano destra. Un miracolato.
La sua strada era ancora e di nuovo in bici, però.
“Da allora monto su una bici adattata, con il freno sul manubrio sinistro perché con la destra non ho più molta presa, e vado”. Va, Michele, che è una meraviglia: colleziona medaglie internazionali, quattro volte iridato su strada, una su pista, più un bronzo alle Paralimpiadi di Londra 2012. Va e fissa traguardi. Il prossimo in Olanda, su pista. “Non è vero che non è la mia specialità, in realtà posso giocarmela, nella scratch, che è tipo una gara su strada, parti e compi 60 giri di pista, ogni giro sono 250mt, per un totale di 15 km. E' una gara secca che va controllata e gestita bene, credo di potermi esprimere al meglio”.
La pista è un altro sport rispetto alla corsa su strada, completamente: “Intanto la bici è a un solo rapporto e non ha freni, se smetti di pedalare per fermarti, cadi perché rimbalzi. Devi rallentare piano piano finché la ruota posteriore si ferma. Poi mentalmente devi allenarti all'idea di girare su un ovale, senza attrito né vento né variabili di luce. Ma, per esempio nella scratch dove siamo tutti attaccati, devi stare lo stesso attento a non toccare gli avversari e a non farteli scappare via. Insomma, si corre forte anche oltre i 60 km/h, la pista per me è divertentissima”.
Gioca a favore la separazione delle categorie C4 e C5, stavolta, che prima gareggiavano unificate. “Questo può essere decisamente un bene, trovarsi a confronto con avversari nella mia stessa categoria”. Intanto pochi giorni fa il Comune di Udine gli ha donato le chiavi della città: “E' stata un'emozione forte, sono onorato di essere considerato un friulano doc. Forse ero ancora più emozionato di quando, a dicembre scorso, ho ricevuto il Collare d'oro per la medaglia mondiale. Quello sai che arriva in base a parametri fissati, mentre le chiavi della mia città, per i meriti sportivi, mi riempiono di immenso orgoglio”. Niente marce e cambi, su pista, ma due chiavi accenderanno il ‘motore'.