Nuoto: “La settimana azzurra - intervista con Martina Rabbolini"
La lombarda è una delle atleta della Nazionale Italiana di nuoto paralimpico
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intervista a cura di Silvia Scapol
Per la nostra rubrica "La settimana azzurra" incontriamo oggi Martina Rabbolini.
Martina Rabbolini è nata a Rho (Milano) ed è una delle atleta della Nazionale Italiana di Nuoto Paralimpico.
Ho 24 anni e sono non vedente dalla nascita. Gareggio nella categoria S11, sono nella Nazionale maggiore dal 2014 e questo quindi è il mio nono anno in squadra. Ho partecipato a due Paralimpiadi: quella di Rio nel 2016 e quella di Tokyo nel 2021. In quest’ultima Paralimpiade ho fatto il Record Italiano nei 100 rana, in finale. Per me è stato un bellissimo risultato. Sono riuscita a partecipare a quattro finali su quattro gare a cui dovevo partecipare e sono molto felice di questo. Il mio primo Europeo risale al 2014 e nel 2015 il mio primo Mondiale. Nel mio terzo Europeo del 2018 sono riuscita a conquistare il bronzo nei 400 stile, era una medaglia che sognavo da sempre. Essendo ranista di base però desideravo una medaglia nelle distanze a rana e così nel 2021, nel mio quarto europeo ho fatto un terzo posto nei 100 rana. È stata una bella rivincita per me perché nella stessa gara, nel 2014 ero arrivata quarta per un centesimo.
Nel 2022 nei Mondiali di Madeira sono arrivate due stupende medaglie di argento nei 100 dorso e nei 200 misti.
Sono soddisfazioni incredibili, perché dietro a questi risultati c’è davvero tanto lavoro. La fatica e i sacrifici non solo miei, ma anche di tutte le persone che mi circondano. La cosa belle è che facendo una cosa che mi piace questi sacrifici non restano tali, ma si trasformano in gioia. Chiamiamoli sacrifici “positivi”.
Ho vissuto la crescita di questo movimento in prima persona. Dalle Paralimpiadi di Londra nel 2012 abbiamo spinto l’acceleratore. Molti giovani si sono approcciati allo sport paralimpico in generale, non solo il nuoto. Da atleta, figlia della FINP, vedo che la nostra famiglia si è allargata tantissimo. Sono convinta che di lavoro da fare ce ne sia ancora molto e uno degli obiettivi più importanti è quello di coinvolgere ancora tanti giovani. Lo sport paralimpico, e il nuoto in particolare, serve per crescere non solo fisicamente ma anche per formarti come persona. La FINP rappresenta ognuno di noi e viceversa: riuscire ad allargare ancora di più questa realtà sarebbe fantastico.
Noi siamo atleti tanto quanto i normodotati e stiamo cercando di farlo capire al mondo intero. La strada intrapresa penso sia quella giusta.
Allenatori preparati, poi, sono la base per affrontare queste sfide, soprattuto per quegli atleti che hanno una disabilità più grave rispetto alla mia. Ognuno di noi ha delle potenzialità, avere chi ti può aiutare e guidare a esprimerle è fondamentale. Ognuno di noi ha trasformato la sua disabilità in un punto di forza e il tecnico è stato fondamentale. Siamo stati guidati e indirizzati.
Lo sport può essere svolto a qualsiasi livello, agonistico piuttosto che amatoriale, e questo è un punto di partenza fondamentale. Faccio spesso degli incontri nelle scuole su questo argomento, per far capire quanto lo sport possa essere strumento di inclusione e allo stesso tempo scuola di vita. Si impara a stare in gruppo, a relazionarsi con gli altri, a cercare quei valori che magari altrove non si trovano. Lo sport è palestra di vita, per tutti.