Rita Cucurru si racconta dall’Australia, dove tra pochi giorni disputerà la Coppa del Mondo ITU di Paratriathlon

Rita Cucurru si racconta dall'Australia, dove tra pochi giorni disputerà la Coppa del Mondo ITU di Paratriathlon

Rita Cucurru si racconta dall’Australia, dove tra pochi giorni disputer...

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Oro europeo in Svizzera, ai Mondiali del Canada terza, a quelli statunitensi quarta. Acqua, anzi sudore passato. Perché si guarda sempre avanti e il 2 e 3 marzo prossimi si fa di nuovo sul serio, c'è la tappa australiana di Coppa del Mondo ITU, a Devonport.

“Siamo arrivati da qualche giorno – oltre a lei, il compagno in azzurro Federico Sicura, il DT Mattia Cambi e il project manager Neil Mc Leod-, ma non abbiamo ancora visto i tre percorsi di gara. Qui è il paradiso, non ero mai stata in Tasmania, ci sono 23 gradi e una pace sovrumana, ancora poche ore e anche il fuso sarà smaltito”, racconta Rita Cucurru, azzurra del paratriathlon.

Bici, corsa e nuoto per un posto sul podio, a Devonport e sulla strada verso le Paralimpiadi di Tokyo 2020, anche se la finestra di qualificazione si aprirà solo il 30 giugno e per un anno assegnerà slot in base ai punti di World Series e World Cup. “Parli del mio sogno, arrivare finalmente a disputare una Paralimpiade”, dice Rita sospirando. Lei che ha sempre una gran voglia di scendere in gara, orgogliosamente sarda di Uri (SS), trapiantata a Maranello per fare la centralinista, 41 anni portati magnificamente e occhi che brillano quando inforca l'handbike.

A 17 anni era ferma al semaforo sul motorino, quando un'auto l'ha centrata in pieno, causandole una lesione spinale e il futuro sulla carrozzina. Tutto d'un colpo svanisce la carriera lanciata nel calcio, lei che giocava già in serie A, nelle fila del Torres. E subito, l'obbligo di riprogrammarsi. L'ha fatto curiosando nel basket in carrozzina, finché ha scoperto l'handbike ed è stata passione a prima vista.

La pratica in ogni modo possibile, tesserata sia con la Federciclismo che con la FITRI: prima con il duathlon (bici e corsa in carrozzina), poi con il triathlon, che aggiunge il nuoto. “Delle tre specialità, nemmeno a dirlo, la ‘mia' è la bici. Perché non ho scelto di fare paraciclismo e basta, allora? Perché il paratriathlon è un allenamento costante al sacrificio, alla fatica. E perché offre sempre un'altra possibilità. Se sei lento nella frazione di corsa – racconta Rita- puoi recuperare spingendo al massimo nel nuoto o in bici”.

Nessun rituale pre gara per Rita “mi piace isolarmi per trovare tranquillità e concentrazione. Cosa mi dà la spinta allo start? Il pensiero di tutto quello che ho fatto, delle ore di allenamento, dei 400 km a settimana, di tutto l'impegno messo in questo sport”. Ma in discesa ripidissima, va solo sull'handbike “il nuoto è la prova più difficoltosa per me, io dico sempre ‘toglietemi dall'acqua che scateno l'inferno' ma alla fine devo tantissimo al triathlon, è una disciplina dove trionfano le mille possibilità ed è valido per definizione il concetto di non arrendersi mai, finché non finisce il percorso e scade il tempo.

A Devonport, niente sconti per Rita. Tra i 30 atleti in start list generale, ci sono le due avversarie più temibili nella sua categoria, che giocano in casa e oltretutto hanno 23 e 26 anni. Preoccupata? “Macché, ormai ho imparato che l'età non conta poi molto, se c'è la testa. Guarda Francesca sull'handbike – la Porcellato, sua compagna in Nazionale di paraciclismo- ha quasi dieci anni più di me e non la batte nessuna. Lei è il mio idolo”. Un idolo per amica e, dopo il sogno sportivo di Tokyo, quello personale che realizzerà con la pensione, “Come mi vedo tra dieci anni? Desidero solo tornare nella mia terra, la Sardegna. Mi manca come l'aria”.

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