Stefano Travisani, come si affrontano le curve del destino, facendo centro con le frecce
Stefano Travisani, come si affrontano le curve del destino, facendo centro con le frecce
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“Sto guidando, mi aspetta l'osteopata che mi rimetterà in pienissima forma. Di cosa vogliamo parlare? Della Ferrari? Sono ancora nero per i risultati del Gran Premio di domenica scorsa”- dice Stefano Travisani, nazionale di para archery, pieno di impegni tra il lavoro in azienda e allenamenti sulle linee da tiro, da non avere quasi una vita privata. Patito della ‘rossa', anche se non sono più i tempi d'oro che lo facevano svegliare in piena notte per seguire le imprese di Michael Schumacher. Era poco prima di fare l'Università e scegliere architettura, e nel tempo libero di uscire con gli amici per lunghe giornate in mountainbike. Poi la tragedia del pilota e nel 2015 la sua personale. Anche Stefano, milanese classe 1985, stava facendo sport, la sua passione, appunto, la bici da montagna. Una buca non segnalata lo fa cadere. Lesione midollare, e dire che Stefano indossava anche il paraschiena…
Lo sport che toglie: “Un black out totale, la paura di non sapere nemmeno a cosa sarei andato incontro, che volesse dire rompersi la schiena. Tutto in un attimo, poi per mesi mi sono trovato a lottare per movimenti che prima erano scontati”.
Lo sport che dà: “L'arco sapevo ovviamente cosa fosse, ma non l'avevo mai tenuto in mano. Gli amici hanno cominciato a tarare il mirino prima di me, all'inizio era il mio esercizio per riabilitare i muscoli del tronco e la stabilità. Avevo buoni risultati, tanto che al Mondiale di Pechino 2017 è arrivato il titolo a squadra con Elisabetta Mijno”.
Tutto in un lampo, un talento sorprendente, anche qualche invidia nell'ambiente, inevitabile. “Sono arrivato troppo in fretta sul tetto del mondo e l'ho pagato dopo, il mio debito con la notorietà”.
Il secondo black out: “Non so cosa sia successo, il 2018 è cominciato con una medaglia importante alla European Cup di Olbia, risultato stavolta individuale, a una gara internazionale importante, per di più in casa. Punteggi incredibili, è la gara di cui sono più orgoglioso. Poi, agli Europei successivi un flop clamoroso, lo stesso agli Indoor sui 18m. Non sapevo più come si tenesse un arco, come muoverlo, avevo cambiato società, avevo aumentato il numero delle frecce in allenamento, era aumentato il lavoro allo studio”.
E' crisi profonda, è caricato di troppa pressione e ansia. “La testa è tutto, se sai di avere un limite tecnico, non è che lei compensa, è il contrario: ti fa sbagliare ha il potere di condizionarti”. Altri schiaffi in faccia, “ma sapevo di non potermi arrendere, come la prima volta dopo d'incidente. E allora sotto con gli allenamenti. Tra pochi giorni scatta il 5° Fazza Para Archery World Ranking Tournament (10-16 aprile). Stefano ci arriva con la 15^ posizione mondiale e tanta umiltà: “sto facendo quattro ore al giorno di allenamento per tre volte a settimana, è ancora poco ma è quanto riesco a fare dopo il lavoro. E il bello è che sto rivedendo la luce in fondo al tunnel. Per Dubai sono pronto. Poi scatterà il countdown per i Mondiali in Olanda a giugno, che daranno le qualificazioni paralimpiche”.
Sui 70m (outdoor) l'arco olimpico di Stefano si esprime al meglio ma il fattore vento è quello che lo preoccupa sempre, “a Milano di solito non ce n'è e quindi ho poca esperienza”. A Olbia però c'era eccome, è noto, ed è andata come è andata.
La vita ti può dare e togliere tutto in un attimo, tutto sta a rialzarsi. “Io l'ho fatto per due volte, e ogni volta ho imparato tanto. L'orgoglio più grande in questa seconda vita, indossare la divisa di un Gruppo Sportivo come le Fiamme Azzurre, poi quella della Nazionale. Cose che ti danno grandi motivazioni. Banale dire che sogno solo la medaglia alle Paralimpiadi. Se sarà Tokyo, bene, sennò è Parigi 2024. La strada è tracciata”, l'acceleratore è spinto. Si viaggia forte anche controvento, sulla Ferrari dei sogni.