Tennistavolo: Michela Brunelli calerà a Parigi una cinquina da urlo

Per l'azzurra si tratta della quinta partecipazione a una Paralimpiade

Tennistavolo: Michela Brunelli calerà a Parigi una cinquina da urlo

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Con le sue cinque partecipazioni, che raggiungerà a Parigi, Michela Brunelli è la pongista azzurra più presente alle Paralimpiadi. Eguaglierà Clara Podda, arrivata a sei edizioni, perché ad Atlanta 1996 era in veste di nuotatrice. La 50enne veronese ha iniziato a Pechino 2008 e non si è più fermata.

Ciao Michela, come eri 16 anni fa?

«Certamente ero più giovane, anche se mi sento bene anche oggi, dopo molti anni. Allora ero molto curiosa di capire cosa avrei trovato a Pechino e desiderosa che arrivasse. L’unica con maggiore esperienza era Clara Podda, mentre io, Federica Cudia e Pamela Pezzutto eravamo alla prima Paralimpiade».

Precedentemente avevi provato a qualificarti?

«Non ero riuscita ad andare ad Atene 2004, non avendo partecipato al torneo di qualificazione, che si era disputato a Taipei nel 2002. Era un periodo in cui mi ero presa un po’ di tempo da dedicare alla scuola. Dopo l’incidente in motorino di quando avevo 18 anni, avevo interrotto gli studi e nel 1997 ho deciso di riprenderli, per conseguire la maturità, che ho ottenuto nel 2002, frequentando l’istituto professionale di odontotecnico a Verona. Sono stati cinque anni bellissimi»

Allora avevi comunque già esordito in Nazionale?

«Sì, la mia prima convocazione era stata nel 1997 agli Europei di Stoccolma e nel 1998, ai Mondiali di Parigi, in squadra con Christina Ploner, abbiamo vinto la medaglia d’argento. Poi, come detto, ho ridotto un po’ l’impegno, e ho ripreso nel 2003. Il podio successivo è stato il bronzo in singolare del 2005. Era appena diventato direttore tecnico Alessandro Arcigli e da quel momento è stata un’escalation. Ho partecipato a tutte le principali manifestazioni internazionali, Paralimpiadi, Mondiali ed Europei, che si siano disputate fino a oggi».

A Pechino vi siete messe subito al collo l’argento a squadre.

«Era stato inaspettato, perché le grandi squadre erano parecchie. Abbiamo perso lottando in finale contro la Cina. Ricorderò quella Paralimpiade anche per il quarto posto in singolare. Ho perso in semifinale per 3-1 contro la slovacca Alena Kanova e nella finale per il terzo posto per 3-0 a opera della slovena Mateja Pintar, che era la campionessa in carica. Ora la chiamano medaglia di legno, ma per me quel risultato ha avuto un notevole valore. Ricorderò sempre che, quando arrivavamo nell’impianto per giocare, i bambini cinesi chiedevano gli autografi anche a noi stranieri. In quel Paese esiste proprio una cultura sportiva».

I quarti posti a squadre di Londra 2012 e Rio 2026 ti hanno deluso?

«Sono stati duri da digerire. A Londra nella finale per il bronzo eravamo avanti per 2-0 contro la Gran Bretagna di Jane Campbell e Sara Head e abbiamo perso per 3-2. A Rio contro la Corea si è deciso tutto nel mio singolare contro Seo Su Yeon. Stavo vincendo per 2-0 e nel terzo sul 9-10 ho colpito uno spigolo che non mi è stato riconosciuto. Quello è stato l’inizio della fine. Nonostante sembrasse difficile riprendersi da una delusione del genere sono ripartita e siamo ripartiti alla grande, con le medaglie conquistate ai Mondiali, agli Europei e a Tokyo».

Com’è stato il tuo ultimo triennio?

«È stato positivo, anche se ho perso molte partite. Sono scesa molto nel ranking, ma in classe 3 non è facile mantenersi al vertice. C’è una grande concorrenza e ci sono sempre molte atlete in tutti i tornei. Sono comunque contenta di ciò che fatto, mi sono sempre preparata con impegno e anche a Parigi sarò pronta a dare il mio massimo. Essere la n. 11 in classifica non facilita le cose. Quel che è certo è che andrò in campo serena e spero di avere anche un po’ di fortuna con il sorteggio».

Sei contenta di partire con i doppi?

«Sì con Giada formiano una coppia molto affiatata e punteremo a un bel risultato. Già ai Mondiali quella vittoria ci aveva dato la carica per affrontare nel modo migliore i singolari. Il doppio è una specialità che mi piace e sono contenta che negli ultimi anni sia stato introdotto al posto delle squadre. Consente anche di vincere più medaglie. Essendoci sia il femminile sia il misto, potenzialmente, con il singolare, si può arrivare a quota tre».

Il doppio ti ha permesso di qualificarti a Parigi.

«In effetti con il ranking non ce l’avevo fatta, però va anche detto che ho lavorato molto per guadagnarmi questa seconda chance, non per nulla con Giada siamo la seconda coppia in classe WD5, alle spalle delle coreane, e siamo le campionesse del mondo in carica. A 50 anni è una bella soddisfazione giocarmela ancora con tutte le migliori. Partiremo dai quarti e non troveremo la Cina fino alle semifinali e la Corea fino alla finale. Le coreane sono le favorite, hanno Yoon Jiyu che ha un gioco di notevole potenza, simile a quello maschile, e Seo Su Yeon che è molto regolare, reagisce bene alle palle tagliate, è alta e arriva dappertutto».

All’ultimo Open in Thailandia hai tagliato il traguardo pazzesco delle mille partite internazionali in carriera, te ne eri resa conto?

«Con Alessandro Arcigli già a inizio 2024 ne avevamo parlato. Ero consapevole che ero vicina, poi sono iniziati i tornei e il pensiero mi è un po’ passato di mente. A Pattaya è stata proprio una bella sorpresa, molto riuscita. Alessandro ci ha chiamato in una riunione e ha assunto inizialmente un tono severo. Dopo un po’ tutti si sono lasciati andare a un sorriso e mi hanno consegnato uno striscione celebrativo, che conserverò fra i miei ricordi più belli. Ancora in attività non c’è nessun atleta, uomo o donna, che sia arrivato a 1.000 incontri. Fra l’altro ho vinto quella millesima partita contro una thailandese e ho conquistato il 125° podio in giro per il mondo. Un bilancio molto soddisfacente di questi 27 anni trascorsi in maglia azzurra. Ora sono la capitana della Nazionale e ne sono estremamente orgogliosa».

A raccontare i retroscena è il dt Arcigli.

«Lei non aveva nessuna idea perché non aveva mai fatto i conti, mentre io e i suoi compagni di squadra tenevamo il conto da un anno e, infatti, Giada aveva preparato lo striscione. L'idea era quella di aspettare la fine della partita per tirare fuori lo striscione in mezzo al campo, fortunatamente, però, gli atleti erano tutti impegnati in finali e semifinali. Serviva quindi un piano B e la finta riunione è sembrata a tutti una buona idea. Volevo tirarla più alle lunghe, ma dopo tre minuti tutti siamo scoppiati a ridere e abbiamo tirato fuori lo striscione, lasciando Michela a bocca aperta».

Michela, torniamo a te, hai già pensato a cosa accadrà dopo Parigi?

«No, ora mi concentro sulle gare dei Giochi, poi ci penserò. C’è la voglia di lasciare, per rilassarmi, rimanere più a casa e dedicarmi anche ad altre cose, dall’altra parte la voglia di rimanere con i miei compagni è grande e la passione è sempre la stessa. La bilancia è in bilico. Impegnarmi per un altro quadriennio richiederà un’attenta riflessione. Se anche non andassi più avanti con la Nazionale, non appenderei comunque la racchetta al chiodo e proseguirei con l’attività in Italia. Il tennistavolo è la mia vita».

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