Quando si parla di pallacanestro in carrozzina in Italia non si può non associare questa disciplina ad un uomo che sul parquet vive da almeno quarant'anni, dapprima come giocatore e poi come allenatore: Carlo Di Giusto.
A lui la FIPIC - la Federazione Italiana Pallacanestro in Carrozzina - ha demandato le sorti della nostra nazionale nel passato così come nel prossimo futuro, un futuro che passa attraverso un lavoro quotidiano di reclutamento e allenamento di talenti che, speriamo già a partire da Parigi 2024, possano riportare la nostra nazionale nel ruolo che ci compete.
La pallacanestro in carrozzina rappresenta uno dei primi sport sviluppatosi in ambito paralimpico. Fin dai primi Giochi di Roma nel 1960 questo sport veniva praticato ad ottimi livelli. E' questo secondo il CT della nazionale l'ingrediente segreto per il successo che oggi la disciplina vede riconosciuto a livello mondiale. “E' un fatto di storia ma la bellezza di questo sport è dovuta anche alla sua dinamicità, al movimento della carrozzina che diventa un tutt'uno con il corpo e ti permette di dimostrare le tue capacità. Non a caso veniva praticato dai reduci di guerra che sul campo potevano sfogare la propria fisicità”. Con il passare del tempo, l'ingresso nel basket di nuove patologie meno invalidanti ha ulteriormente innalzato il livello di spettacolarità di questo sport “perché con l'elevarsi del livello agonistico ognuno voleva confrontarsi, e questa esigenza individuale ha costituito uno stimolo per migliorare la qualità del movimento. E poi, se ci pensi, è uno dei pochi sport dove le diverse disabilità competono tutte insieme, tutte nello stesso momento. Non esiste uno stimolo maggiore di questo per un atleta che magari ha una disabilità più grave ma che con l'aiuto di un suo compagno può raggiungere l'obiettivo della vittoria. E' fantastico!”
Proprio per la possibilità di avere contemporaneamente sullo stesso perimetro atleti con disabilità diverse, scegliere la pallacanestro come sport per una persona disabile è per Di Giusto “molto difficile” ma, senza dubbio “ti permette di vivere esperienze di vertice anche se non sei un campione. Nel basket è facile dare il proprio apporto alla causa, e anche se non si è fondamentali agli occhi del pubblico comunque lo sarai agli occhi della tua squadra”.
Uno sport di squadra in cui valori come condivisione e gruppo rappresentano le basi fondamentali, ma un'attività che allo stesso tempo esalta il valore del singolo: “E lo sai come si esalta il singolo?Cercando di affiancarlo ad un compagno che ha più esperienza e che prima di te ha vissuto le stesse esperienze e fatto cose che ora può insegnarti. Pensa solo a come sistemare una carrozzina, sembra una banalità ed invece è fondamentale e chi meglio di un compagno di squadra più esperto può aiutarti in una crescita personale…”
Per raggiungere questi risultati c'è bisogno di tanta cultura. Sembra passata un'eternità da quando il giovane Carlo veniva messo da parte durante le ore di educazione fisica al liceo “perchè nessuno si voleva prendere la responsabilità di farmi fare sport”. Oggi le cose stanno cambiando, c'è un'evoluzione quotidiana del concetto di disabilità e soprattutto del movimento paralimpico sportivo, un movimento che non può prescindere dall'universo scolastico: “Il processo più importante sta nel rendere partecipe il ragazzo a scuola, nello sport, ovunque; prima si lavora sulla cultura, poi lavoriamo sugli interessi ed infine sulle abilità del ragazzo ed è questo a mio avviso l'unico modo che abbiamo anche di convincere alcune famiglie a superare le remore che hanno nel far praticare sport ai propri figli. Ma credetemi è un modo per raggiungere l'autonomia. Bisogna provarci, non sempre riuscirà, ma se non provi non saprai mai come andrà a finire”.
Convincere i ragazzi a praticare la pallacanestro è la sfida più avvincente che la federazione e il CT stanno affrontando. “Servirebbe il cartello ‘I Want you' (quello in cui James Montgomery Flagg usò se stesso come modello per una campagna di reclutamento nell'esercito britannico, ndr) ma serve anche la possibilità di far giocare ragazzi bravi in strutture che sappiano esaltare il valore del singolo”.
Avere numericamente una più ampia scelta secondo il coach potrebbe permettere alla nostra nazionale di ritornare ai vecchi fasti “perchè siamo giovani, stiamo facendo delle bellissime esperienze che ci stanno formando e pian piano risaliremo nella ranking fino al posto che realmente ci compete”… magari grazie anche al contributo di ragazzi che si appassioneranno alla pallacanestro in carrozzina dopo aver ascoltato le parole di Carlo Di Giusto!