Tutorial Sport Paralimpici: tennis
Tutorial Sport Paralimpici: tennis
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Tralasciando la dubbia paternità del gioco del tennis, per molti assegnabile al Maggiore Walter Clopton Wingfield mentre per altri da ascrivere al Maggiore Harry Gem, c'è da domandarsi se in quegli anni alla fine del secolo diciannovesimo qualcuno pensò mai che in futuro quegli stessi campi erbosi inglesi sarebbero stati calpestati dalle ruote di una sedia a rotelle. Probabilmente, anzi quasi sicuramente no, considerando l'esordio postumo delle discipline paralimpiche che avvenne come noto solo nella seconda metà del secolo successivo; ma tant'è che l'evoluzione di uno degli sport più conosciuti nello star system del mondo dello sport ha portato alla genesi della sua declinazione paralimpica: il wheelchair tennis.
Uno sport, il tennis in carrozzina appunto, che ha conosciuto nel nostro paese un potenziamento importante nel corso degli anni, complice il massiccio intervento della FIT.
“Per riuscire a far esplodere questo sport nel nostro paese il percorso non è stato sempre lineare” ci spiega Giancarlo Bonasia, direttore tecnico del tennis in carrozzina, “ perché in passato ci si avvinava alla pratica solo con il passaparola. Poi la federazione ha compreso e investito sul settore paralimpico, inteso come una risorsa e mai come un peso, permettendo l'inizio di un processo che è appena iniziato ma sul quale lavoreremo sempre più negli anni a venire, profondendo sforzi importanti”.
Fondamentale in questo senso il lavoro attuato su tre livelli : formazione, promozione e divulgazione, tre elementi all'apparenza avulsi l'uno dall'altro ma che se compenetrati tra loro generano effetti collaterali dirompenti. “Quando siamo partiti avevamo pochi atleti – dichiara Bonasia - oggi, nonostante nell'ultimo anno sia intervenuta a sfavore della pratica sportiva in generale la pandemia che di fatto ha limitato le attività, contiamo oltre trecento atleti, di cui una quarantina nella categoria under. Questo risultato come avviene? Avviene grazie ad un processo di formazione dei tecnici e dei dirigenti, pronti non solo ad accogliere il ragazzo nel circolo ma anche ad insegnare una disciplina sportiva; in passato accadeva che tecnici non sapessero come approcciarsi ai ragazzi in carrozzina, oggi questo non accade più perché è stato fatto a monte un lavoro culturale rilevante che permette ad ogni istruttore di avere le basi per approcciarsi all'atleta disabile, compiendo un notevole passo in avanti su un piano culturale ancor prima che sportivo. Ovviamente la promozione sul territorio, con l'organizzazione di circuiti, eventi, stage, sommata alla divulgazione e alla comunicazione hanno permesso di abbassare l'età media dei praticanti ed innalzare notevolmente i numeri. I risultati senza ombra di dubbio aiutano in questa quotidiana lotta, ecco avere tante Giulia Capocci faciliterebbe il lavoro. Non capita tutti i giorni di calcare i campi più prestigiosi al mondo come è successo in passato a Giulia, per questo lei ha rappresentato un modello di ispirazione per molte delle nuove leve che iniziano ad approcciarsi a questo sport fantastico”.
Il tennis da sempre viene considerato uno sport individuale e in realtà lo è, con sforzi disumani che spesso hanno convinto anche tennisti affermati – vedi la testimonianza fornita nell'autobiografia capolavoro da Andrè Agassi– ad odiare questo sport, “ma al di là degli sforzi che individualmente uno compie, dei sacrifici che ti portano spesso a dimenticarti della famiglia, degli amici, delle feste, è sbagliato considerare questo sport come uno sport solitario. Il circolo è un luogo magico al quale l'amatore si avvicina per instaurare relazioni, passare il tempo libero, essere coinvolto nella vita di gruppo. Se riportiamo questi aspetti sulla vita di un ragazzo disabile e né analizziamo gli effetti beh, possiamo affermare che forse non esiste nessuno sport in grado di permettere ad un ragazzo in carrozzina di socializzare e sentirsi parte di un progetto come accade nel tennis”.
Fugati i dubbi sulla possibile vita in solitario, sulla lotta contro te stesso e l'avversario, il direttore tecnico Bonasia analizza le caratteristiche tipiche di un tennista: “La prima cosa sta nella voglia di apprendere i consigli, di seguire una guida, la costanza nell' allenamento, avere chiari gli obiettivi e i risultati che si vogliono raggiungere, essere umili. Ecco, se dovessi fare una scala gerarchica dei valori insiti in un tennista metterei questi elementi ancora prima delle qualità tecniche, perché sono fermamente convinto che la tenuta psicologica di un praticante sia già un ottimo punto di partenza per poi inserire elementi di tecnica”.
“Bisogna imparare a conoscere se stessi, scontrarsi con i propri limiti e cercare una soluzione ai problemi, questo in fondo è il significato più autentico del tennis”, uno sport che non si sa bene ancora dove sia nato, ma che in Italia ha capito perfettamente dove vuole arrivare, soprattutto in ambito paralimpico