Tutorial Sport Paralimpici: tiro con l'arco

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Para Archery

Willy Fuchsova è il direttore tecnico del para archery e quando ti racconta il modo in cui si è avvicinato a questa realtà capisci che la vita è un incrocio di combinazioni spesso fortunate, come nel caso del tecnico siciliano: “Nella mia vita avevo sempre allenato atleti normodotati e contatti con persone disabili non ne avevo mai avuti, eccezion fatta per il salvataggio in mare di una signora caduta in acqua sporgendosi troppo dal molo sul quale stava passeggiando; poi poi nel 2000 fui contattato dall'allora direttrice di un'unità spinale che veniva da Nothwill; la sua precedente esperienza in Svizzera la convinse che lanciare lo sport anche nella nuova unità spinale che era stata chiamata a dirigere fosse la migliore terapia per gli ospiti. Decise di chiamarmi a collaborare e mi lanciai subito in questa nuova esperienza, con la voglia di migliorare il mio bagaglio tecnico e di esperienza. A distanza di anni devo dire che sono stato fortunato in quell'incontro, che posso dire mi abbia cambiato la vita in positivo”.

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Entrare in un mondo differente rispetto a quello che era abituato a frequentare in precedenza ha significato per Fuchsova la necessità non solo di confrontarsi, ma anche di formarsi: “Ho iniziato a studiare guidato da una passione molto forte, e questo mi ha permesso di comprendere molte cose sull'anatomia umana, cose che in futuro avrei poi applicato nelle mie esperienze con i normodatati”; dunque uno scambio reciproco tra il mondo olimpico e quello paralimpico che testimoniano la simbiosi di due elementi che insieme creano un unico, grande sport.

I miglioramenti dei ragazzi lo hanno convinto a proseguire con forza ed entusiasmo in questa avventura nel para archery perché “vedevo che giorno dopo giorno diventavano sempre più brillanti, le spinte alla carrozzina erano più vivaci. Mi sono reso conto che lo sport rappresenta una terapia magica per ogni persona, e nel caso degli atleti paralimpici si aggiungevano anche elementi sociali: tornare a studiare, muoversi, diventare sempre più autonomi. Ecco, i benefici a livello sportivo andavano e tutt'ora vanno di pari passo con quelli riscontrabili nella quotidianità”.

Il tiro con l'arco “mette sulla stessa linea, atleti paralimpici e normodotati” e questo è senza dubbio un aspetto fondamentale in ottica di una piena inclusione che Willy parafrasa in modo stupendo: “il mio compito è prendere macchine rotte o che hanno fatto incidenti, ripararle e poi farle correre in pista con macchine che non hanno mai subito danni!”. Tradotto significa gare uniche nel programma della Fitarco, manifestazioni che prevedono la presenza in contemporanea di atleti normo e atleti para.

Una disciplina resa magica da uno strumento ancestrale che da sempre affascina generazioni di piccoli ma anche di più grandi: “L'arco affascina tutti. Quando facciamo manifestazioni promozionali - prosegue Fuchsova - sono tutti pronti a provare questa disciplina. E' uno sport completo, che richiede controllo, concentrazione e un rapporto unico e particolare con il corpo; bisogna ascoltare le sensazioni fisiche a quelle di ogni muscolo. Lanciare una freccia è riuscire a posizionare l'arco sempre nello stesso spazio, tendere una corda sempre allo stesso modo e scoccare sempre nella stessa direzione. Spesso ci alleniamo ad occhi chiusi proprio per sviluppare questa totale armonia tra corpo e movimento”.

Un approccio dettato spesso dalla curiosità innata in ognuno di noi, quello di vedere la traiettoria disegnata da una freccia per l'appunto, una prova che non avviene “mai prima di aver parlato con la persona che vuole iniziare a praticare! I ragazzi devono capire se dentro loro arde questa fiamma per il tiro con l'arco. Tutti gli arcieri, ho scoperto con gli anni e l'esperienza, da piccoli giocavano come me a costruire il proprio arco con i bastoni. E' un qualcosa che hai dentro, un'introspezione che spesso porta anche ad isolarti, ma solo per cercare quella giusta concentrazione che poi permette a molti di eccellere oltre che nello sport anche nello studio grazie alle doti di attenzione, scrupolosità e precisione”.

Poi c'è anche l'autocontrollo, “un comune denominatore in tutti i praticanti che devono però avere anche un'altra caratteristica: fidarsi e affidarsi a persone che possono insegnare loro la disciplina. Se noi tecnici siamo lì a dargli dei consigli ,lo facciamo per migliorare la loro tecnica ma anche per aumentare la propria autostima”.

Il para archery rappresenta uno degli sport più diffusi nel panorama paralimpico nazionale, una forza derivata dal fatto che “l'80% delle società hanno tecnici specializzati e hanno spazi accessibili per gli atleti disabili. E' stato un lavoro lungo che oggi permette di avere dei risultati ottimi nella disciplina. Il proselitismo di nuovi atleti si fa in quello che dovrebbe essere il nostro vivaio, il nostro serbatoio: unità spinali, centri di riabilitazione ma anche la scuole;poi c'è anche la componente fortuna, di incontrare sul proprio percorse persone che credano nella forza dello sport. Se la direttrice dell'unità spinale non avesse chiamato me a collaborare con l'unità spinale che dirigeva, oggi probabilmente non avrei avuto la possibilità di insegnare la disciplina a tanti campioni, che ci hanno fatto vivere emozioni e continueranno a farlo nei prossimi anni”.

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