Parakarate: storia di Alessio e Francesco, fratelli vincenti dal tatami alla vita

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Parakarate: storia di Alessio e Francesco, fratelli vincenti dal tatami alla ...

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Due cuori che battono all’unisono per conquistare sul tatami il riscatto sociale e quella felicità che sembrava irraggiungibile. Due fratelli indomiti nel segno della stessa madre che vivono la disabilità, nonostante le continue sofferenze e un’esistenza non semplice, con una incredibile forza d’animo e la gioia a volte
sottaciuta di essere protagonisti attraverso il karate. Coraggio e resilienza, senza mai arrendersi. Così, ai recenti Campionati Italiani di parakarate Francesco
Domenico D’Amato, 14 anni, si è laureato campione d’Italia nella categoria K21 M Esordienti/cadetti - disabilità intellettiva QI meno grave,
ment re Ales s io Mi l i l lo, 22enne, che ha affrontato e superato tante prove durissime, ha ottenuto il terzo posto nella categoria K30 M Juniores/ seniores/master - disabilità fisica in carrozzina.

La differenza, per ora, la fa soltanto il cognome, come spiega la meravigliosa mamma Pamela: «Alessio nacque dal mio primo matrimonio. Già da piccolino non aveva tono muscolare. L’ho allevato e accudito da sola, imbattendomi in numerosi problemi e ostacoli. Lo portai al San Raffaele di Milano quando aveva 15 mesi e la diagnosi fu purtroppo impietosa. È affetto da una malattia rara, la sindrome da microdelezione del cromosoma 16-11.2. Ha diverse patologie, tra cui la spina bifida e l’obesità genetica. Nei primi anni di vita si prese cura di lui Michele D’Amato, un ex militare dell’esercito impegnato nella clownterapia all’ospedale pediatrico di Bari. Michele divenne poi il mio secondo marito e concepimmo Francesco Domenico. Tra qualche mese anche Alessio, diplomato in ragioneria e marketing, prenderà il cognome D’Amato». in un percorso di vita costellato da peripezie e avversità senza confini, è emersa la determinazione di due genitori straordinari che hanno dedicato e dedicano tutto se stessi all’amore verso i figli. Una famiglia umile e unita che ha ritrovato un po’ il sorriso
dopo gli splendidi risultati conseguiti da Francesco Domenico e Alessio.
Papà Michele, nato a Grenoble ma terlizzese di adozione, è un infaticabile caregiver a tempo pieno. Si carica letteralmente sulle spalle Alessio
che pesa 198 chili per accompagnarlo con l’auto in palestra insieme a Francesco, anche perché l’ascensore del loro alloggio popolare non funziona da un anno. Mamma Pamela ha fatto grandi sacrifici, anche di natura economica, dovendo peraltro sopportare il gravame di amarezze e momenti delicati, come quando Alessio appena 13enne rischiò di non farcela. «Camminava a stento, ricurvo su di un lato. La sua colonna vertebrale poteva implodere da un momento all’altro. Fu operato d’urgenza al «Galeazzi» di Milano. L’intervento durò 36 ore. Un’esperienza che ci ha provato molto. I chirurghi furono bravissimi riuscendo a ricostruire la spina dorsale, con una sorta di blindatura. Alessio porta ancora i segni di quella cicatrice lunga e profonda. Però, ha continuato a vivere, grazie all’ausilio della sedia a rotelle. Questa è la cosa più importante». Francesco Domenico, che frequenta il primo anno al Liceo Classico “Sylos” di Bitonto, ha una sospetta patologia genetica in fase di definizione, con ritardi cognitivi e con il disturbo dello spettro autistico. Due anni fa è stato operato per un tumore alla gamba destra ed è costantemente sotto controllo per scongiurare l’insorgere della leucemia. Anche lui, facendo leva su una eccezionale capacità di reazione, si è lasciato dietro la malattia e il suo carattere un po’ aggressivo tuffandosi nell’attività sportiva. La passione per il karate gliel’ha trasmessa Alessio, tifosissimo dell’Inter, che dice: «Mi sono sempre piaciuti i film di Bruce Lee. Ero particolarmente attratto dalle arti marziali. Papà Michele, che mi ha voluto un gran bene sin da bambino quando si prese cura di me in ospedale, ha poi compreso la mia volontà di provare nel parakarate, dove non c’è contatto fisico, nonostante sia sulla carrozzina con il bacino bloccato. Io e Francesco Domenico siamo in piena sintonia, accomunati dall’enorme interesse per questo sport. Abbiamo trovato nel maestro Salvatore Cioce dell’associazione Motris di Bitonto un vero amico e un istruttore paziente e preparato che si è donato a noi con ardore dopo aver approfondito le tecniche del kata per i disabili. Quattro anni fa ho finalmente potuto calcare il tatami, cosa che aveva fatto qualche mese prima anche Francesco Domenico. È cominciata per entrambi una nuova vita. Abbiamo dimostrato che non siamo diversi, ma siamo uguali agli altri, anche per abbattere la barriera dei pregiudizi». Ai Campionati italiani di parakarate hanno vissuto una giornata indimenticabile. Francesco Domenico, cintura marrone, l’unico atleta disabile italiano che combatte con i normodotati, è stato preciso e concentrato nei movimenti e nelle figure del kata rispettando spazio, tempo e velocità d’esecuzione. In finale ha avuto la meglio sul suo avversario romano conquistando la medaglia d’oro. Alessio, cintura blu, è stato altrettanto bravo fregiandosi del bronzo, ma solo perché in semifinale si è piegata una ruota della carrozzina. Per questo spera di trovare uno sponsor per poter acquistare una sedia a rotelle adatta alle gare, come la prossima Coppa Italia a Pescara il 26 e 27 aprile. «È stato emozionante e fantastico, fino alle lacrime – raccontano i due fratelli -. Essere sul tatami di una competizione tricolore, con addosso il kimono bianco, ci ha regalato un’ immensa gioia dopo anni di sofferenze e to rme n t i . I l cuore batteva forte durante la premiazione. Siamo contenti p e r p a p à e mamma, da sempre al nostro fianco con affetto e abnegazione. Il loro abbraccio è stato commovente. Ci alleniamo costantemente ogni giorno. Il nostro sogno è indossare la maglia azzurra della Nazionale e magari partecipare alle Paralimpiadi. Siamo persone fragili solo emotivamente, ma abbiamo una sorprendente forza interiore che riusciamo a sprigionare pur fra mille difficoltà quotidiane. Continueremo ad impegnarci per costruire un futuro di speranza».

di Nicola Lavacca, Corriere del Mezzogiorno

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