Tutorial Sport Paralimpici: equitazione

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Equitazione

Aprendo un qualsiasi vocabolario della lingua italiana alla voce equitazione la definizione è la seguente: “L'arte, la tecnica e l'attività del cavalcare”.

Molti stanno cercando di rispondere da millenni alla domanda sulla reale natura ed essenza dell'equitazione ma nessuno fino ad oggi è riuscito a dare una definizione precisa e specifica. Se parli con un militare ti dà la sua interpretazione, diversa rispetto a quella di un circense. La verità è che questa disciplina trova le sue origini, le sue radici nella storia e cammina di pari passo con l'evoluzione e i cambiamenti dell'uomo”.

E' un approccio intimo, filosofico quello che Ferdinando Acerbi, direttore tecnico di equitazione paralimpica all'interno della FISE, ha con il suo sport, un rapporto reso speciale dalla presenza di un animale - il cavallo appunto - che “diventa un compagno di avventura, un essere vivente con il quale trovi un rapporto di comunicazione intimo e strettamente personale. Mi piace definirlo una metafora di vita: puoi chiuderti nella tua bolla e vivere confinato in te stesso oppure aprirti a delle relazioni con gli esseri viventi che abitano insieme a te la Terra. Ecco, chi entra in contatto con questo animale poi ha una maggiore propensione alle relazioni umane, quelle che alla fine ci fanno sentire vivi”.

Tutorial Sport Paralimpici

Uno sport unico nel suo genere l'equitazione, il solo tra quelli presenti nel programma olimpico e paralimpico ad avere come protagonista oltre all'uomo e alle sue capacità un altro essere vivente. “Il cavallo è un animale fantastico: potrebbe non piegarsi mai alla volontà dell'uomo ma allo stesso tempo ha voglia di essere dominato; ha il suo carattere e con lui si instaura un rapporto profondo che cambia la qualità di vita delle persone e determina la performance sportive in gara. E' un grande insegnamento - continua Acerbi - perché ti rendi conto che lui dipende da te e tu da lui, è un rapporto di reciproca fiducia nel quale entrambe, uomo e animale, devono imparare a riconoscere le prerogative e le caratteristiche dell'altro”.

Nell'equitazione paralimpica - continua il DT - subentra un altro aspetto equiparabile ad un rapporto d'amore: il colpo di fulmine! La prima impressione che il cavaliere ha del cavallo è quella giusta, che stabilisce se il matrimonio potrà essere celebrato. Se un atleta si avvicina all'equino e fa un passo, un sorriso, una carezza, allora sei già a metà del lavoro”.

Uno sport senza dubbio difficile, con ostacoli in entrata importanti ma non insuperabili perchè “se una persona si avvicina all'equitazione significa che ha già preso informazioni in precedenza, nessuno improvvisa. Spesso da superare c'è la resistenza delle famiglie, il loro timore. Insieme a questo le difficoltà sono dovute alla ricerca e alla selezione di cavalli che siano adatti allo sviluppo della disciplina. Al di là di queste piccole sfumature, sinceramente non vedo grandi differenze tra olimpico e paralimpico. La cosa più bella è che il ragazzo o la ragazza che viene a provare, una volta che scende dalla sella quasi costringe la sua famiglia ad accettare quella scelta. Il lavoro più duro sta nel far scavalcare il dorso dell'animale, ma una volta che hai le redini in mano difficilmente le mollerai. E' un pò quello che accade con l'acqua in piscina o al mare, se non trovi nessuno che da piccolo ti spinge a farlo, difficilmente da solo riuscirai a superare quel timore; per questo una persona che arriva al maneggio la metto subito nelle condizioni di provare”.

Un lento ma continuo aggiornamento nella programmazione delle gare a livello nazionale (dove gli atleti paralimpici gareggiano insieme ai loro colleghi olimpici) ed internazionale garantisce la crescita costante di una disciplina che ha nelle unità spinali la principale roccaforte di reclutamento per le nuove leve, ma Ferdinando Acerbi ha una sua convinzione ferma: “Tutto sta nella spontaneità e nella volontà dell'individuo, se c'è allora siamo pronti ad iniziare un percorso”.

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